Sono diversi i luoghi di internamento dove Valenti passa la sua prigionia: Campo di Innsbruck, Campo di Worlg, Campo di Stablak, Campo di Deblin-Irena, Campo di Tschlustokan. Campo di Norimberga, Campo di Hesepl
Durante l’internamento Valenti organizza diversi corsi di sociologia per i compagni. Nel suo diario di prigionia scrive, per l’inizio del 1945, quando un suo amico di prigionia riesce a cucinare del risotto con acciughe: «è il primo piatto di casa che mangerò dopo 16 mesi di prigionia. Quando ci penseremo, essendo a casa, non crederemo: eppure fu così: abbiamo vissuto a rape, minorando ogni giorno un poco di fame, condita di sporco e di freddo» (Bonardi, L’impegno ecclesiale etc., p. 78-79).
Poi parla del freddo che ha nel cuore «che pensa, pulsa, ed ama la famiglia che agogna intensamente, sospirando la Patria e la casa… Ci si avverte che è proibito scrivere che “fa freddo”, che abbiamo “fame”, che “si sta male”. Già, è vero, si sta benissimo! È giusto e soprattutto vero il contrario» (Bonardi, L’impegno ecclesiale etc., p. 79).
Poi scrive: «Continua il freddo e la fame. Ricorderò per un pezzo questa situazione impossibile di vita. Avevo già provato a condurre una vita dura: ma come questa, nò. Mi pare di avere sempre sentito e capiti i diritti della fame e del povero: ma quando tornerò mi sarà più facile far credito ai lamenti e ai bisogni dell’indigenza e della miseria; e operare civilmente e caritativamente per diminuire la portata e l’estensione.
Quante volte i problemi più semplici e più gravi si crede di risolverli negandoli! Fu negata per tanto tempo la questione sociale ed operaia più per ignoranza voluta dei bisogni dell’uomo, che non per ragioni politiche o sociali: sarebbe bastato che chi era chiamato a risolvere il problema avesse provato i morsi della fame, i disagi del mancare di tutto, per indirizzare il problema verso la più rapida e sicura soluzione» (Bonardi, L’impegno ecclesiale etc., p. 79).
Scrive per il 28 febbraio 1945 (suo compleanno):
«Pensavo stanotte, che ho ormai compiuto, in questi giorni, 51 anni. Quanta attività, quanto lavoro, quanti sacrifici, quanti dolori: due guerre, otto anni di vita militare in guerra di cui due in prigionia! Niente gioventù, poco divertimento, solo molte soddisfazioni e consolazioni in casa, in famiglia, che non mi è mai stata di peso, ma che ho sentita e ho vissuta intensamente, appassionatamente come il meglio che Dio mi abbia dato» (Bonardi, L’impegno ecclesiale etc., p. 80).
Il 12 aprile 1945:
«Stamane esco a prendere aria di libertà. Anche ieri lo potevo, ma mi è successo come l’uccellino da troppo tempo in gabbia: sono subito rientrato entro il reticolato. Bisogna abituarsi anche a respirare aria di libertà, per non stordire» (Bonardi, L’impegno ecclesiale etc., p. 80).
E così, il 29 aprile 1945 scrive:
«morti Ricci (suicidio), Starace (fucilato). Costoro hanno meritato tal fine: certo è grave il modo, che crea un brutto precedente: forma e sostanza occorreva pure che fossero salvi. Pazienza: speriamo che si rientri presto nella legalità piena con rispetto della legge, soprattutto la legge dell’amore e della generosità, la sola costruttrice e forgiatrice di bene. Basta coll’odio e con lo spargere sangue!» (Bonardi, L’impegno ecclesiale etc., p. 80).
E in attesa del ritorno a casa organizza conferenze dai titoli: Autorità e libertà, Doveri dello Stato e dei cittadini e così via (Bonardi, L’impegno ecclesiale etc., p. 81).