Secondo Polizzi giunse a Mauthausen il 19 dicembre 1944. Sulla sua permanenza nel campo disponiamo di pochissime notizie: sappiamo che il 3 gennaio 1945 fu trasferito nel sottocampo di Gunskirchen e che lì fu assassinato il 22 aprile. Il figlio Primo, durante la prigionia a Mauthausen, senza sosta andò alla ricerca del padre, che sapeva essere stato deportato nello stesso campo; non riuscì mai a trovarlo, ma un giorno incontrò un anziano prigioniero che gli cedette la sua scodella di zuppa. Rimasto meravigliato da questo gesto di estrema generosità, Primo venne a sapere dall’anziano che la pratica di rinunciare al cibo per favorire la sopravvivenza dei giovani gli era stata insegnata da Ernesto, suo padre. Dalle lettere inviate alla famiglia Polizzi dai compagni di prigionia di Secondo sopravvissuti emerge l’attaccamento dell’uomo alla famiglia e la sua ammirazione nei confronti di una figlia partigiana.
Secondo, come emerge da una lettera inviata alla figlia Laura quando la donna era impegnata nella Lotta di Liberazione, era orgogliosissimo delle scelte intraprese da tutti e tre i figli, entrati nella Resistenza e perciò lontani dalla famiglia: “Cara Lalla [Laura]”, si legge nella lettera, “dopo quello che ti scrive la mamma ho ben poco da dirti, il grande dolore di averti lontana è compensato dal piacere che una figlia abbia compreso che l’umanità ha molto bisogno di gente capace di lottare per essa. Quando si combatte per un ideale c’è sempre una ricompensa, anche se questo ci fa momentaneamente soffrire, perché la lotta ci tiene separati. La razza non mente!”.