A Scipione – campo riservato alla detenzione degli ebrei adulti di sesso maschile – tra i membri della famiglia Fano fu internato soltanto Ermanno. In quel momento, alla sofferenza della prigionia doveva aggiungersi inevitabilmente quella della solitudine: le preoccupazioni dell’uomo non erano rivolte soltanto ai familiari internati nel campo di Monticelli Terme (Alba, Giorgina, Luciano, Liliana e Roberto), ma anche agli anziani genitori, rimasti da soli a casa in quanto prosciolti dall’internamento. Nel fondo Questura dell’Archivio di Stato di Parma rimane traccia delle lettere inviate da Ermanno alla Questura durante il periodo di detenzione a Scipione: il 2 febbraio 1944, dopo aver ottenuto, nel dicembre dell’anno precedente, un breve permesso di pochi giorni per recarsi a Parma, Fano invia una lettera al questore rivolgendo una richiesta di proscioglimento dall’internamento, giustificata dall’urgenza di prestare assistenza ai genitori. La domanda di Ermanno rimase inascoltata e dalla Questura non provenne altro segnale che il silenzio. Questo, tuttavia, non bastò a zittire Fano: un’altra lettera, datata 10 febbraio 1944, testimonia la pervicacia di Ermanno, che scrive: “In attesa della decisione in merito alla domanda presentata per mantenere e assistere i genitori ottantenni, il sottoscritto Fano Ermanno di Enrico internato civile a Scipione, fa presente che i propri genitori sono ormai privi di mezzi di sussistenza, e quindi chiede che gli venga concessa una licenza, perché possa provvedere almeno alle più urgenti necessità dei genitori che, come già fatto noto, per l’età e le condizioni fisiche, non possono provvedere a nulla da sé” (testo tratto da M. Minardi, Invisibili. Internati Civili nella provincia di Parma. 1940-45, Bologna, Clueb, 2010, p. 221). In seguito a quest’ultima richiesta, l’unica concessione fatta ad Ermanno fu una licenza di dieci giorni, al termine della quale, il 7 marzo 1944, l’uomo fu obbligato a rientrare a Scipione